top of page
Cerca
Immagine del redattoreMarco Pandolfo

L'algoritmo in finanza: rischi ed opportunità

Con il passare degli anni, la digitalizzazione è penetrata nella vita di ognuno di noi, sia dal punto di visto micro, che dal punto di vista aggregato. Un campo altamente contraddistinto da questo fenomeno è sicuramente quello finanziario, talmente pervaso dalla tecnologia che, per le generazioni più giovani, è quasi difficile immaginare la finanza senza l’uso del computer e della tecnologia. Come descrive Vittorio Carlini, l’avvento del digitale è avvenuto seguendo tre step: Internet, prodotti, modelli. Con il Web, è stato velocizzato il processo degli ordini. In seguito, è stato reso possibile il trasferimento degli asset via computer. Per ultimo, si è affermata la complessa articolazione matematica per monitorare, e valutare, gli andamenti dei mercati. Tra questi nuovi strumenti, vi sono anche gli algoritmi e l’intelligenza artificiale, il cui utilizzo ha aumentato la velocità del processo di decision making nei mercati, rendendo possibile, grazie anche alle innovazioni degli step precedenti, strategie di trading di brevissimo termine. Vi sono vari motivi per cui viene salutato con favore l’approccio altamente quantitativo della finanza. Oltre ad un discorso più generale di maggiore efficienza, vi è anche uno più specifico, ma strettamente correlato, del contenimento dei costi. I sostenitori di tale processo, infatti, affermano che un maggiore rapidità porta a maggiori guadagni e minori perdite di posizioni già aperte, e contestualmente ad un abbassamento delle spese di ricerca delle informazioni ritenute rilevanti e decisive per aprire posizioni nuove. È una visione, questa, largamente accettata dal mondo finanziario. L’approccio algoritmico, oltre ad essere utilizzato come supporto imprescindibile per operatori umani, viene utilizzato anche dagli operatori automatici. Grazie allo studio statistico, vengono individuati livelli di prezzo, corretti dallo studio di altre variabili, che portano ad un’azione specifica quando vengono superati al rialzo o al ribasso. Ma si può andare anche oltre. Le nuove generazioni di IA, infatti, hanno oltrepassato questo metodo, dedicandosi alla previsione dei corsi in base ai social media, o alla scelta del tutto autonoma in un panorama non statico. Una “lettura” dei social media resa possibile dai livelli sequenziali di analisi dei post/tweet: grammaticale, logica e del contesto (la più complessa delle tre). Se ritenessimo l’analisi fondamentale esente dall’utilizzo di una tecnologia così avanzata, verremmo presto sopresi. Lo studio sistematico dei dati macroeconomici, dei bilanci aziendali, e delle notizie, viene già attuato da algoritmi e IA, con addirittura la compilazione finale di una sintesi. Non solo, i procedimenti automatizzati vengono adoperati anche in altri ambiti, come il calcolo del capitale di vigilanza, il merito di credito e il pricing di strumenti finanziari complessi. Per alcuni investitori, come sarà sicuramente capitato a ciascuno di noi nelle fasi di Q&A con un’azienda, è già possibile interagire con una IA per una consulenza per i propri investimenti.

Ma come tutte le innovazioni disruptive ci hanno insegnato, e soprattutto quella digitale, non mancano le criticità e i pericoli. Uno dei rischi maggiormente riportati è quello dell’«autorefenzialità>>, simile all’obiezione, sul lato prettamente umano, che i praticanti dell’analisi fondamentale hanno rinfacciato a quelli dell’analisi tecnica. L’idea è che, diffusosi un metodo di valutazione comune, tutti agiscono nello stesso modo perché vedono il medesimo segnale, che finisce per confermarlo indipendentemente dalla sua fondatezza. Se dal lato umano poteva essere ancora respinta tale lettura, per via di una moltitudine di letture comunque soggettive e quindi possibilmente differenti, con la standardizzazione promossa dagli algoritmi ciò diventa fattuale. Con un intervento standardizzato e ingente sui mercati, l’analisi fondamentale lascia il passomo viene “sporcata” da altre variabili di interesse, quelle considerate dagli algoritmi e dall’ intelligenza artificiale, con il pericolosissimo allontanamento dalla «realtà aziendale>>. Un esempio portato da Vittorio Carlini è proprio quello della crisi dei mutui subprime, e dei relativi derivati. Invece di analizzare, caso per caso, i borrowers, al fine di quantificarne il rischio, l’attenzione è stata puntata sulle correlazioni di prezzo dei derivati di quei mutui. Una sorta di proiezione ortogonale della realtà; invece di studiare visivamente un edificio, ne osserviamo l’ombra sul terreno. Ciò che veniva presentato come un vantaggio della digitalizzazione può rivelarsi come un’arma a doppio taglio. L’ingente contenimento dei costi, difatti, può essere considerato come un effetto dell’automazione, e viceversa. Il risultato della doppia relazione è quello di standardizzare (anche eccessivamente) modelli matematici per garantirne l’utilizzo in più ambiti possibili, in nome dell’economicità, provocando una potenziale perdita di correttezza. Un problema che invece sta sorgendo solo con le nuove, e più complesse, generazioni di IA è quello di non comprendere come la macchina sia arrivata ad un determinato output. Una volta definito il modo in cui la macchina debba “ragionare”, ecco che la sua elevata complessità non permette più di seguire il suo autonomo ragionamento. Ciò porta ad una potenziale imprevedibilità delle quotazioni, dettate da macchine, comunque, non infallibili. La sfida è aperta. Siamo di fronte ad un nuovo tipo di rivoluzione industriale, massiva e trasversale. Le potenzialità di calcolo di questi nuovi strumenti erano inimmaginabili pochi decenni fa, anche durante la trasformazione dei primi calcolatori, gli antenati di ciò che abbiamo oggi. Ma un loro sviluppo mal gestito potrebbe rendere il mondo più complesso, e iniquo. È per tale ragione che la partita giocata nei mercati ha un ruolo fondamentale. Il mondo finanziario, soprattutto negli ultimi anni, viene percepito come lontano da quello reale, e foriero di disuguaglianze. Se i nuovi strumenti utilizzati aumentassero lo strappo, per via di una incondizionata fiducia iniziale e di una mancata collaborazione uomo-macchina, la diffidenza generalizzata che ne deriverebbe rischierebbe di bruciare e di fermare due dei più potenti mezzi che conosciamo, la finanza e la tecnologia.


14 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page